Vittorio Grassi

Biografia

Vittorio Grassi (Roma 1878 – 1958), Mistero luminoso Olio su tavola di cm 266 x 145 firmato in basso a destra

GRASSI Vittorio, pittore, incisore, ceramista, mobiliere  e architetto (Roma 1878 – 1958). Figlio di Giovan Battista e Angela De Marchi, finiti gli studi classici entra giovanissimo in Banca d’Italia (1895), come apprendista contabile, ove è costretto a pagare lo scotto del noviziato sopportando una lunga serie di trasferimenti (Taranto, Barletta, Perugia) prima di poter far ritorno, nel 1902, alla amata capitale. Amante da autodidatta della pittura, aveva intanto tenuto, nello stesso anno, una prima personale a Perugia, grazie all’interessamento di un pittore affermato, il conte Lemmo Rossi Scotti, amico di Nino Costa e animatore della società “In Arte Libertas”.

Ristabilitosi a Roma entra in contatto con Balla, Prini e Cambellotti che lo inducono a seguire le lezioni di fisica sperimentale all’università del prof. Blaserna, per dare una base scientifica al verbo divisionista da loro propugnato. Il giovane Grassi aderisce inizialmente a tale tecnica, esponendo sin dal 1903 alle mostre degli “Amatori e Cultori” (un suo dipinto Temporale a Maccarese fu subito comprato dalla regina Margherita).

Nel 1905, su invito di Calandi, entra a far parte del “Gruppo dei XXV” con il soprannome di “lince” per i suoi occhi a lancia grigi, arguti e penetranti.

Agli “Amatori e Cultori” del 1906 gli viene concessa una sala personale, mentre nel 1909 ha l’onore di rappresentare la pittura romana a Londra, esponendo alla Fine Arty Society assieme a Coleman, Innocenti e Coromaldi. Questi successi non potevano passare inosservati; la Banca d’Italia, accortasi che Grassi “trae lucro dall’attività di pittore” lo costringe, per la ferrea etica del tempo, a rassegnare le dimissioni dall’Istituto (1909).

Nel 1910 viene premiato a Bruxelles per Notturno di Chopin (ora alla GNAM di Roma);collabora con il teatro dei Piccoli di Podrecca e, sotto l’influenza del gruppo dei modernisti romani (Cambellotti, Bottazzi e Marcucci) disegna mobili, oggetti di arredamento ed esegue decorazioni.

Alla grande Esposizione Internazionale di Roma (1911) partecipa con il trittico Ascensione e, nel quadro della mostra nazionale d’architettura, firma assieme a Bottazzi e Nataletti, il progetto del villino “La casa” per il quale disegna anche le maioliche, i mobili ed il cartone della vetrata per la sala della musica.

Nel 1913 è tra i più attivi sostenitori della prima Secessione romana nella quale, oltre a disegnare il manifesto, espone il dipinto I Civettari, comprato dalla GNAM assieme a Canzone ironica.

Nel 1923 ottiene un grande successo alla Prima Mostra Internazionale delle Arti Decorative di Monza, con i suoi cartoni per le vetrate ed i mobili. Esegue una grande vetrata per la basilica sul Monte Tabor e disegna, per le Poste Italiane, alcune celebri serie di francobolli (famosa quella dell’Italia turrita che va sotto il nome di Siracusana).

La produzione artistica si affianca all’attività didattica; tiene per numerosi anni la cattedra di ornato all’Istituto Belle Arti di Roma, poi nel 1938 ottiene la cattedra di Scenografia alla facoltà di Architettura. Numerosi anche gli incarichi: membro del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti, Accademico di San Luca, direttore artistico dell’enciclopedia Treccani, consulente del Ministero delle Poste.

Espone anche all’ultima mostra dei XXV della Campagna Romana (1942), organizzata dall’amico Cambellotti presso la Galleria San Marco di Roma.

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