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Vincenzo Cabianca fu un pittore italiano, nato a Verona il 20 giugno 1827 e morto a Roma il 22 marzo 1902. La sua vita e la sua opera si collocano all’interno del movimento dei Macchiaioli, un gruppo di artisti che cercavano di catturare l’essenza della luce e del colore attraverso “macchie” pittoriche.
Cabianca ricevette la sua prima formazione artistica all’Accademia Cignaroli di Verona, sotto la guida di Giovanni Caliari, che lo introdusse ai canoni pittorici tradizionali. Successivamente, nel 1845, frequentò l’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove studiò con Ludovico Lipparini e Michelangelo Grigoletti. Nonostante la formazione accademica, l’influenza veneziana sulla sua pittura non fu particolarmente significativa, se non per un certo interesse verso le espressioni del Settecento veneziano e per una propensione ai temi di genere che avrebbe sviluppato negli anni successivi.
Durante i moti di liberazione del 1848, Cabianca vi partecipò attivamente, prendendo parte alla difesa di Bologna. Nel 1853, probabilmente per motivi politici, si trasferì a Firenze, dove si unì al nascente gruppo dei Macchiaioli e cominciò a frequentare il Caffè Michelangiolo. Sebbene i suoi primi esperimenti di pittura all’aperto non avessero avuto un riscontro immediato nella sua produzione — inizialmente ancora legata agli schemi formali della pittura di genere accademica — Cabianca approfondì gradualmente il suo interesse per la costruzione dell’immagine attraverso i valori cromatici e luminosi.
Nell’estate del 1858, insieme a Telemaco Signorini, Cabianca realizzò opere all’aperto a La Spezia e, tra il 1859 e il 1860, con Cristiano Banti intraprese “spedizioni pittoriche” nelle campagne tra Montemurlo e Piantavigne, riflettendo e applicando le nuove teorie della “macchia”. Opere come Rovine di San Pietro a Portovenere e Le monache, esposte a Torino nel 1861, sono considerate tra i suoi capolavori e lo consacrano come uno dei pittori più rappresentativi della fase iniziale del movimento macchiaiolo.
Nel 1861 Cabianca visitò Parigi insieme a Signorini, ma non ne rimase particolarmente impressionato; l’anno successivo tornò in Toscana e dipinse a Montemurlo. Tuttavia, non abbandonò il tema storico-accademico, come dimostra la sua opera I novellieri fiorentini del secolo XIV, presentata all’Esposizione di Firenze del 1861.
L’influenza accademica divenne più evidente durante il suo soggiorno a Parma, durato circa sette anni a partire dal 1863, con frequenti visite a Firenze e Roma. Nel 1870 si trasferì definitivamente a Roma, dove strinse amicizia con Nino Costa e riprese la pittura all’aperto secondo la tecnica dei Macchiaioli.
Negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, Cabianca realizzò una serie di notevoli opere durante i suoi soggiorni a Castiglioncello con Diego Martelli, e nei numerosi paesaggi della campagna intorno ad Anzio e Nettuno. Nel 1876 fu tra i fondatori della Società degli Acquerellisti e, nel 1886, aderì al gruppo romano antiaccademico In Arte Libertas.
Nel 1893 una paralisi lo costrinse a ridurre significativamente la sua attività artistica. Cabianca morì a Roma nel 1902, lasciando un’eredità di opere che testimoniano la sua evoluzione dalla pittura di genere accademica alla resa della luce e del colore nella natura, tratti distintivi del movimento dei Macchiaioli.
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