Massimo d’Azeglio

Biografia

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D’AZEGLIO Massimo, pittore e letterato (Torino 1798 – 1866). Di aristocratica famiglia piemontese fedele alla Casa Savoia, trascorre parte dell’infanzia a Firenze ove i genitori si erano trasferiti in seguito all’occupazione francese.

Nel 1814 segue a Roma il padre, marchese C. Taparelli d’Azeglio, nominato ministro presso papa Pio VII. Il soggiorno romano influisce sulla sua formazione artistica;da un lato il pittore fiammingo Martin Verstappen lo indirizza alle vedute pittoresche e alle scene di costume, dall’altro il suo animo romantico lo porta ad esercitarsi alla pittura dal vero nel corso delle lunghe passeggiate intraprese tra i suggestivi paesaggi della campagna romana, allora decisamente selvaggia.

Forti stimoli gli vengono anche dall’ambiente internazionale presente nella capitale, dai contatti con artisti del calibro di Vincenzo Camuccini, Bertel Thorvaldsen, Nicolas Didier Boguet, Francois Marius Granet, Jacob Philipp Hackert. E Johann Christian Reinhart.

Nel 1820 invia all’Esposizione di Torino due paesaggi. Del periodo romano e del viaggio di studio compiuto a Napoli quello stesso anno resta testimonianza negli studi di paesaggio, dove l’attenzione alle variazioni luminose ed agli effetti di suggestione sono indizio di una sensibilità già romantica.

Negli anni seguenti il paesaggio passò in secondo piano, quasi a far da sfondo agli episodi romanzeschi che nascevano dalla sua penna di letterato, come dimostra la sua prima opera impegnativa del 1825, La morte di Montmorency (Galleria d’Arte Moderna di Torino), con la quale si inaugura il filone tematico delle Crociate.

Nel 1831 si trasferisce a Milano dove prende a frequentare il cenacolo romantico riunito attorno ad Alessandro Manzoni, di cui sposa la figlia Giulia. L’elaborazione dei soggetti storici lo impegna sia come scrittore che come pittore ed incisore: per Ettore Fieramosca o La Disfida di Barletta, prima porta a termine un dipinto, esposto a Brera nel 1831, per poi realizzare le incisioni che illustrano il romanzo,  dato alle stampe nel 1833. Da quell’anno inizia una regolare partecipazione alle esposizioni di Brera durata fino al 1843 e ripresa dopo gli impegni politici che lo distolsero dalla pittura sino al 1852.

In questo stesso periodo partecipa con assiduità anche alle mostre che si tengono a Torino. Nel 1836 è presente con tre opere al Salon di Parigi e nel 1837 viene incaricato dai Savoia di eseguire sei dipinti storico-celebrativi sui fatti d’arme gloriosi della casa sabauda (tre della serie si trovano ancora oggi nel Palazzo Reale di Torino), nei quali si possono riscontrare elementi stilistici della pittura di paesaggio olandese del XVII secolo.

Nei soggetti di paesaggio più tardi, finalmente libero da preoccupazioni letterarie, si avverte una maggiore spontaneità ed una ricerca della luce che lo avvicinano alle opere dei pittori svizzeri contemporanei (vedasi ad esempio: Effetto di tramonto sul Monte Cenere, Torino, Galleria d’Arte Moderna).

Muore nella villa di Cannero sul Lago Maggiore, mentre stava ancora lavorando al libro autobiografico: I miei ricordi.

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